Road to Euro 2016 – Gruppo A, tutti a caccia dei Bleus

Dopo il 1984, dopo il 2000, senza Le Roi e Zizou, i bleus ci riprovano. In casa. Meno 3 a Euro 2016, e l’obiettivo per il calcio d’oltralpe non può prescindere dal massimo della posta in palio. Lecito, persino scontato, a sedici anni dall’ultimo titolo portato in trionfo tra la folla entusiasta e trepidante degli Champ Elysees. L’avventura della Francia nell’Europeo di casa parte dal girone A. Non un girone di ferro, ma sottovalutarlo, al contrario, potrebbe rivelarsi errore madornale. Perdersi, con i favori del pronostico che possono spingere, ma anche picconare, può essere un’eventualità. Incespicare tra le insidie di tre squadre solide, reduci da buoni gironi di qualificazione o, come nel caso del gruppo di Gianni De Biasi, pass dal profumo inebriante dell’impresa. Intenzionate, in primis, a non sfigurare al cospetto dei padroni di casa e favoriti per l’alloro finale. Gli uomini di Didier Deschamps da un lato, Svizzera, Albania e Romania dall’altro. Barricate ben issate in attesa della gara inaugurale del 10 giugno che a Saint Denis vedrà i galletti affrontare la Romania.

SECOUER –  Scuotere, mischiare. Estro e forza fisica. Esperienza e potere della giovinezza. Nelle scelte del cittì transalpino la chiave per la costruzione di un gruppo di livello assoluto, al netto di esclusioni dolorose, come quella di Karim Benzema o assenze forzate, come nel caso di Raphael Varane. Un 4-3-3 che dall’estremo difensore degli Spurs, Hugo Lloris, esprime il meglio a partire dalla cintola, quel trittico composto da Kantè, Pogba e Matuidi che ha davvero pochi eguali nella competizione.  Classe cristallina e dirompente fisicità, corsa e intuizione, una mediana di spessore elevatissimo a supporto di un attacco che spinge, fortissimo, sulle ali. Griezmann e Martial frecce acuminate nella faretra di Deschamps. Spalle forti di un Olivier Giroud chiamato alla prova del nove. Qualche incertezza nel pacchetto difensivo, orfano come già accennato di un predestinato come Varane, unico neo in una rosa che anche nelle seconde linee sprizza talento, copioso, tra mediana e pacchetto offensivo.

DIDIER – Capitano dei bleus campioni del mondo nel 1998. Due Coppe dei Campioni, l’Intercontinentale a Tokyo nel 1996. Una carrellata di titoli nazionali. Da calciatore, Didier Deschamps, ha vinto tutto. Centrocampista in grado di abbinare passo, ordine, temperamento e intelligenza tattica straordinaria. E eleganza, la stessa che sciorina nella seconda vita da tecnico. Vincente, per vocazione, anche in panchina. Sette titoli in patria tra Monaco e Marsiglia, campione di Francia nel 2010. Senza tralasciare, nel mezzo, l’esperienza alla guida della Juventus, che riportò in Serie A nel post-Calciopoli. Poi la Nazionale, responsabilità, ambizione ed un progetto da perseguire potendo vagliare, selezionare, generazioni floride. Talenti sfornati con una continuità che qui, attraversando le Alpi,  sotto la cenere dell’orgoglio suscitano più di qualche invidia. Brasile 2014 il primo step, un gruppo ancora acerbo e l’ostacolo, troppo grande, della Germania destinata al quarto titolo mondiale. Ora la chance, ghiotta, di una competizione tra le mura amiche. Trentadue anni dalle imprese di Platini e Tigana, diciotto dalla Coupe du Monde che proprio lui alzò al cielo di Parìs, sedici dal golden goal di Trezeguet che infranse i sogni dell’Italia di Dino Zoff.

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TERRIBLES, PAS PLUS D’ENFANT – Antoine e Paul, Paul e Antoine. Non più promesse, certo, ormai certezze. Ma terribili, quello sì, prime stelle di un gruppo pronto per lo slancio definitivo. Talenti assoluti del calcio mondiale, trascinatori, icone di club di primissimo piano. Ed un futuro non roseo, luminoso a circondarne il percorso. Pogba e Griezmann, Griezmann e Pogba, estro, potenza, rapidità e classe cristallina. Simboli di Juventus e Atletico Madrid che fanno impazzire l’intero globo. Quarantotto anni in due, del resto, ma il futuro è adesso, tutto diretto verso l’Europeo di casa. Ed una responsabilità che è peso e stimolo insieme. Perché è in certi frangenti che i fuoriclasse vanno testati, ancora e ancora. Quarantotto anni in due, l’avvenire tra i propri piedi e da scolpire, a passo di reti e giocate da antologia. E occhio alle sorprese, che proprio in avanti potrebbero non mancare nelle alternative a disposizione di Deschamps, da Payet a Coman, dinamite nel destro il primo, vent’anni e la voglia di spaccare il mondo il secondo. Ed una competizione che da sempre può offrire opportunità inaspettate come palco in cui emergere.

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LE RIVALI – E le altre? Dividere la scena con i padroni di casa non sarà semplice, tutt’altro. Carattere, grinta e personalità, le armi più affilate alle quali ricorrere per arginare i favoriti e, soprattutto, giocarsi le proprie chances di qualificazione. Esordio assoluto per l’Albania di Gianni De Biasi, con il carico irrefrenabile di entusiasmo che ne consegue. Difesa solida, sole 5 reti subite nel girone di qualificazione e tanta tantissima Italia, dal passato, vedi Cana, al presente, con cinque italiani in rosa tra cui spicca l’azzurro Elseid Hysaj, ventidue anni e un’annata alle spalle in cui è riuscito a scolpirsi un posto chiarissimo nel calcio che conta. La forza, al netto dei singoli, resta un gruppo arrivato ad accarezzare la storia. Ora, di certo, non mollerà la presa, questione di orgoglio, prima di tutto. Dote che non manca alla Svizzera di Vlado Petkovic giunta alla quarta partecipazione in assoluto nella competizione. Chilometri nelle gambe e sfrontatezza nel gruppo dell’ex tecnico della Lazio, un motore che romba, sinuoso, sulle fasce, con la coppia Lichtsteiner-Ricardo Rodriguez che rappresenta forse il meglio che Euro 2016 possa offrire nel ruolo per qualità ed assortimento. Dinamismo, carattere, capacità negli inserimenti per il primo, doti balistiche eccezionali per il secondo. Qualità anche sulla trequarti dove sarà chiamato a serrare le fila Xerdan Shaqiri, parabola discendente dopo il tonfo nell’esperienza interista, più ombre che luci nell’ultima annata allo Stoke, ma primo violino assoluto dei rossocrociati dove vanta 17 reti in 52 presenze. A saggiare, per prima, le velleità dei padroni di casa sarà la Romania guidata dal cittì Iordanescu, cuore Steaua, campione d’Europa nel 1986 contro il Barcellona, a un passo dal bis – stavolta da tecnico – tre anni dopo, sulla sua strada, però, troppo forte il Milan di Sacchi. Seconda classificata nel proprio girone di qualificazione a discapito della rivelazione Irlanda del Nord, certezze italiane a cementare la retroguardia, Tatarusanu a difendere i pali e Vlad Chiriches a guidare la linea a quattro. In avanti, capofila Stancunove reti in quaranta presenze, più di un occhio al talento di Nicolae Stanciu, estro sulla trequarti classe ’93 dello Steaua che vanta uno score di 5 reti in 4 presenze con la Romania, a Florin Andone classe ’93 in forza al Cordoba ed al bomber del Ludogorets Claudiu Keseru, una carriera da girovago – con particolare predilezione per la Ligue 1 – e 15 reti nell’annata appena conclusa.

Edoardo Brancaccio

 

 

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