Nel nome del padre

Questione di geni. O affari di famiglia, preferendo. Fatto sta che questa storia ha bisogno di una tag-line, perché racchiude atmosfere da serie televisiva americana. Una sitcom in stile familiare, magari. O un drama sui rapporti tra papà e figlio, su quanto ci sia di simile tra due persone. Tale padre, tale figlio: l’abbiamo sentita fino alla nausea questa frase, eppure coglie alla perfezione ogni sfumatura di questo racconto. Eusebio e Federico, padre e figlio. Di generazione in generazione. Due astri nascenti in questa confusionaria Sodoma che è il calcio italiano. Storie che poco hanno a che fare con valutazioni esasperate all’ennesima potenza da procuratori affaristi. Ne abbiamo sentite di cotte e di crude su questo pazzo mondo che è il mercato. Ogni tanto, però, vale la pena raccontare una storia positiva nella sua genuinità.

Dicevamo allora di due astri nascenti nel calcio italiano: Eusebio e Federico Di Francesco. Il primo è il padre, allenatore di un piccolo grande e magico Sassuolo, l’emblema del calcio italiano. 47 anni, una carriera da coach ancora tutta da scrivere e delle pagine bianche da riempire per raccontare un potenziale best-seller. Sì, perché la favola Sassuolo porta il nome di un artefice su tutti: Eusebio Di Francesco. Il suo 4-3-3 ha stregato l’Italia e si prepara a sbarcare in Europa, ha lanciato l’estro di Berardi (in ottica Nazionale nei prossimi anni) e Sansone (plusvalenza milionaria per la dirigenza neroverde), la garra di Acerbi e il funambolismo di Vrsaljko, ora all’Atletico Madrid. Oggi parte un’avventura nuova, un universo da scoprire con gli occhi di un bambino: il Sassuolo sbarcherà in Europa League, il coronamento perfetto per un lavoro lungimirante e una costruzione solida. Che, vale la pena ripeterlo, ha nel suo architetto il nome di Eusebio Di Francesco.

Di FraTale padre, tale figlio. Quando papà Eusebio allenava il Pescara in cadetteria, Federico scalpitava nelle giovanili degli abruzzesi, suscitando probabilmente una frenetica attività delle malelingue. Chi cerca il marcio, però, non sempre lo trova: nessun nepotismo, anzi. Federico Di Francesco si affaccia oggi, a 22 anni, al mondo della Serie A, dopo averla saggiata in sette occasioni nel 2013 con la maglia del Pescara. E’ figlio della gavetta consumata sui campi di cadetteria, tra Gubbio e Cremona. Poi la consacrazione, di nuovo in Abruzzo, a Lanciano: 36 presenze e otto goal che l’han catapultato nella massima Serie. A Bologna, precisamente. Pronto a conquistare il palcoscenico nazionale come quello della… nazionale! Under 21, per ora. In futuro, però, tutto può succedere. Gigi Di Biagio l’ha mandato in campo nelle ultime due partite: a Vicenza con la Serbia trentanove minuti di pura imprevedibilità. A La Spezia, con Andorra, la première di uno spettacolo magnifico: due goal e un 3-0 che manda l’Italia spedita agli Europei. Attese repliche nelle prossime settimane, in giro per i migliori palcoscenici d’Italia. O forse questa storia sarà trasmessa in tv. In tal caso, avremmo già il titolo: Nel nome del padre.

Vittorio Perrone

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