Totti-Raul: ciò che poteva essere e non è mai stato

Totti-Raul. Ciò che sarebbe potuto essere ma che, complice il tuo amore per Roma, non è mai stato. Avrei voluto vederti giocare con la maglia del Real nel mio stadio, il Bernabeu. Vedere le tue giocate e i tuoi assist al servizio della squadra, creare spazio con le tue movenze per quel Roberto Carlos che …

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Giampaolo Pazzini: la serie A nel nome del Pazzo

Le giovanili ti forgiano l’anima e lo spirito del sacrificio, quando sei un giovane e ti definiscono un futuro campione, tutto sembra esser facile. La nomea del bomber vero, il rapace dell’area di rigore che ogni pallone trasforma in rete… insomma, un giovane sul quale puntare. Questo giovane nella primavera dell’Atalanta era una furia e …

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Dietro al Fantastico One, c’è un grande staff: Tiberio Ancora, il top trainer campione d’Inghilterra

Tiberio Ancora, l’uomo che ha cambiato il calcio – “Per vivere con onore bisogna struggersi, turbarsi, battersi, sbagliare, ricominciare da capo e buttar via tutto, e di nuovo ricominciare a lottare. La calma è una vigliaccheria dell’anima”. Lev Tolstoj non era mica un fesso. Attraverso il suo reale attivismo aveva capito con cent’anni d’anticipo dove …

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L’Orlando di Ariosto gode: la Spal torna in Serie A dopo mezzo secolo

“O città bene avventurosa… la gloria tua salirà tanto, ch’avrai di tutta Italia il pregio e ‘l vanto”. Lo prevedeva Ludovico Ariosto ne L’Orlando Furioso: Ferrara cinta d’alloro dalla nazione intera. Tocca alla Spal, ultracentenaria società calcistica, elevare il nobile orgoglio estense. Erano cinquant’anni che i biancoazzurri mancavano dal massimo torneo, dall’epoca dorata del presidentissimo …

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Zdenek Zeman: Zemanlandia compie 70 anni

Svegliarsi la mattina con una voglia sfrenata di calcio, sentire dentro di se le potenzialità per poter insegnare qualcosa a ragazzi che intendono seguire le parole del loro maestro, del loro mister. Da lui apprendono la fatica e il senso del sacrificio, apprendono la voglia di correre dietro ad un pallone ma al contempo, durante …

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Il Capitano dei cieli: l’eroismo immemore di Valentino Mazzola e Gaetano Scirea

Il capitano, Cicerone dalle ambiziose responsabilità, locomotiva di un’equipe professionale.

Nel calcio poi, che è materia bruta da manipolare in mezzo a un’angusta incertezza, colui che porta la fascia sul braccio ruggire alla Berry White e pedalare come un porteur qualunque.

Chi è il più grande capofila della shakespeariana histoire del calcio italiano?

Condottiero del Grande Torino

Leggendo tra le righe del romanzo granata, ritroviamo lettere compatte e fulminanti: Valentino Mazzola.

Emblema sportivo del Dopoguerra, figlio di una miseria sociale tramutata in eroismo con le sue stoccate da pregevole ambidestro.

L’Italia scavava nei cumuli assordanti di macerie familiari per cercare piccoli sogni da innaffiare nel quotidiano. Dopo la liberazione alleata del 25 aprile 1945 era possibile imbastire un sorriso privo di lacrime vermiglie. Ciò comportava il sacrifico totale di tutta la Penisola.

Il quarto d’ora granata si stagliava nelle menti dei protagonisti della Resistenza come la filosofia da perseguire.

Nel blu dipinto di blu del Modugno e la rosselliniana Roma città aperta ne rappresenteranno il sottofondo.

Quando il Grande Torino attraversava momenti di balenante difficoltà nel pieno degli agguerriti tornei nazionali, il capitano si alzava le maniche per indicare la via maestra alla poderosa carovana piemontese.

Lampo di sconvolgente determinazione posato sul Filadelfia e nei restanti stadi di prima divisione. I gendarmi più anziani della squadra riconoscevano a Valentino il trono di leader assoluto, Mole Antonelliana del reparto offensivo di Erbstein e Lievesley.

Il “Tulen” dell’infinito

Mazzola, occhi sicuri, spalle coriacee – che han conosciuto giornate di lavoro tremende – vita privata senza sbavature. Nasce a Cassano d’Adda il 26 gennaio 1919 da una famiglia modestissima che gli insegnò a guadagnarsi il pane fin da piccolino.

I vicini di casa lo soprannominavano “tulen” perché gli piaceva calciare le lattine che trovava per strada.

Aveva un tiro pauroso già allora. Leggende popolari narrano che in una partitella all’oratorio il giovincello Valentino era sul dischetto per calciare un rigore decisivo.

Il portiere difendente cercava di intimidirlo con la speranza di fargli perdere la concentrazione, ma il giovane asso gli intimo di farsi da parte per evitare guai.

“Il tulen” partì e sferrò un destro centrale di rara potenza, capace di far entrare in rete sfera di cuoio e numero uno avverso. Consuetudine riprodotta per tutta la sua inestimabile carriera.

Duello tra Madama e Toro sul mercato

Mentre ardeva la soffocante estate del 1942, quella in cui Stalingrado diventava epicentro del disastro mondiale, arrivava il treno più importante per la sua realizzazione professionale: il Torino di Ferruccio Novo lo soffia furbescamente alla Juve e lo paga 1.250.000 lire.

20 settembre dello stesso anno, pomeriggio che conclude la bella stagione, attesa trepidante, il dieci esordisce in Coppa Italia con una doppietta da bomber navigato nonostante la tenera età.

Dopo la guerra Mazzola sale in cattedra prendendo per mano il suo club e portandolo a realizzare tutti i sogni calcistici possibili secondo le ambizioni degli anni Quaranta.

Scudetti, coppe Italia e un intero gruppo trapiantato in azzurro. Arma letale con brillantina e divisa sempre ordinata, abitava in un appartamentino di via Torricelli nella capitale dell’ex Regno sabaudo.

Il capitano aprì un negozio di articoli sportivi, cucendo i palloni con le sue vigorose mani. Per un po’ di tempo ha lavorato anche al Lingotto, una delle fabbriche piemontesi di maggior successo. Il suo scatto era riconducibile a quello del figlio del vento Jesse Owens e la sua resistenza fisica era tipica di un fondista etiope del Duemila.

Il Gandhi del football mondiale

Bisogna dire che un altro gentiluomo del panorama sportivo italiano, ha lucidato i gradi di Capitano dei cieli: Gaetano Scirea.

Numero sei serafico e mordace, nato nel nebbiolo della Val Padana e cresciuto a pane e rispetto da una famiglia di origini sicule.

Instaura un legame indissolubile col pallone frequentando il gruppo sportivo “Serenissima” di Cinisello Balsamo. Indossa la maglia di stoffe cortesi dei locali, intraprendendo diligentemente il ruolo di centrattacco.

Il dirigente della Serenissima San Pio X  gli spalancò le porte delle giovanili atalantine durante la primavera del 1967: gli orobici Scirea impara a fare l’ala destra, sviluppando un nobile tocco di palla.

Correva tanto e portava a casa un bottino impressionante di goal. La sua spiccata visione di gioco spinse il mister delle giovanili nerazzurre a posizionarlo a centrocampo per intelaiare la manovra.

Campione sporco d’olio

Al tramonto della sua adolescenza alternava allenamenti con la Primavera della dea a mattinate di lavoro come tornitore nell’officina dello zio a Cernusco.

Questa occupazione all’insegna dell’olio di motore lo accompagnò anche dopo l’esordio in Serie A. Il tecnico dei bergamaschi Castagner lo teneva d’occhio. Da buon intenditore di leve promettenti svezzò il verde Gaetano schierandolo come libero alle spalle dello stopper Percassi, futuro presidente dell’Atalanta.

Capitano illuminista

Scirea afferrò al volo i compiti impartitigli dal mister, interpretando il nuovo ruolo con approccio illuminista. Non si limitava a difendere la propria porta, ma organizzava il gioco della squadra, concedendosi inserimenti improvvisi che puntavano fino all’area avversaria.

Parliamo del Beckenbauer italiano. Parliamo dell’unico Gandhi apparso nei meandri degli algidi musei calcistici. Era modernità da Belle epoque impressa in un fisico altamente performante.

Senso tattico superiore alla media, correttezza da record con la bellezza di zero espulsioni in carriera, qualcosa di formidabile pensando al ruolo che ricopriva.

Campione del mondo favoloso tra le corride da tremore alle ginocchia di Spagna ’82. Campione di tutto e recordman di presenze da capitano generoso con la Juventus Trapattoniana.

Middle class in the paradise!

Si dice che la classe operaia alla fine dei suoi giorni vada in paradiso.

Valentino e Gaetano, oltre a conquistare l’immensità misteriosa dell’epica umana, hanno lucidato la corona del contesa leale, firmandosi negli annali del football come Capitano dei cieli.

Padri indiscussi dello sport più bello di sempre. Quello che edificava le persone. Comune denominatore che ardeva l’anima, riempiendo di romanticismo le vene del volgo.

Capitano, o’ mio capitano…

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Francesco Totti #10 : una magia che durerà in eterno?

Il numero 10 è divino poiché perfetto, in quanto riunisce in una nuova unità tutti i principi espressi nei numeri dall’uno al nove. Per questo motivo è anche denominato cielo, ad indicare sia la perfezione che il dissolvimento di tutte le cose. Tutto ciò per il fatto che contiene tutte le possibili relazioni numeriche. Nel …

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Il goal più bello d’Italia: calcio batte Parkinson 1-0

Signor P. Sembra una macchietta, il nome di un cattivo fumettistico. O di un personaggio di uno dei tanti film di James Bond, il nome di un villain che tenta di uccidere invano l’agente 007. Nella vita reale, il signor P è decisamente un villain. È il male che il signor Francesco D’Antuono combatte ormai da dodici …

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En el nombre del Cholo

Conoscendolo, oggi, a poco più di 24 ore al ko del suo Atleti contro il Villareal, sicuramente avrà poca, pochissima voglia di festeggiare. Anzi, siamo assolutamente certi che, in questo momento, Diego Pablo Simeone sia molto più impegnato in analisi tecnico-tattiche della sconfitta contro il Submarino Amarillo che nello scartare regali o spegnere candeline. Lo …

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Le dieci maglie più inutili della storia del calcio

Cos’è il senso dell’appartenenza? Cosa significa essere a guardia di una fede, cosa significa difendere i colori della propria città? Sono tutti quesiti che, chi si pone, non ha idea di cosa significhi tifare. Quando tifi per una squadra devi difenderla, devi valorizzarla, esportarla, far sì che la tua sia la più amata. Esattamente ciò …

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Triste storia di un foggiano a Lecce: Pasquale Padalino esonerato

Lecce non perdona. Lo sa bene il Fantastico One Antonio Conte e da oggi lo ha imparato anche Pasquale Padalino. Nato a Foggia il 26 luglio del 1972 e cresciuto calcisticamente nei “satanelli“. Ha ricevuto il battesimo in Serie A nell’indimenticabile squadra di Zeman nei primi anni Novanta. Lì si è trasformato in stoico difensore, …

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Khouma Babacar: l’attesa paga sempre

Quante volte nella vita ci siamo sentiti dire la tipica frase: “Arriverà il tuo momento”? Certe persone ormai a furia di sentirselo dire non ci fanno più caso cercando di farsi trovare sempre pronti nel momento del bisogno, la vita è così. In alcune situazioni si riesce ad essere decisivi e incisivi mentre altre volte …

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La voce fuori dal coro più “pura”: un ragazzo d’Oro chiamato Kakà

Poniamo alla nostra attenzione un caso apparentemente anomalo. Supponiamo che un cinese ed un americano di razza e cultura totalmente agli antipodi si incontrino e, parlando soltanto la proprio lingua, cerchino di comunicare: ne verrebbe fuori una vera e proprio frittata senza possibilità di dialogo e comprensione. Dall’altra parte della medaglia però, la loro dialettica …

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Zlatan è una corrente di pensiero

Il politically correct può stare sulle scatole a molti. Perché cela l’attività del nascondersi dietro parole forzate, pur di non offendere nessuno. E allora sì, diciamole occhi negli occhi le cose. Come sono, come vengono pensate, senza filtri tra la mente e la lingua. I migliori, d’altronde, non hanno mai avuto bisogno della diplomazia. Zlatan …

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Storia di una gabbianella e… la Premier: bentornato Brighton!

“La gente va a Brighton per tante ragioni: per una vacanza al mare, una giornata fuori porte, un comizio del Partito Conservatore… ma non va lì per il calcio. Il Brighton non è un grande club, e non lo sarà mai.” Questo è ciò che scrisse Brian Clough, icona del calcio inglese, rammentando quel suo …

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Luis Muriel, la parabola del nuovo “O Fenomeno”

“Quando sono arrivato alla Samp potevo andare in un club italiano più prestigioso, ma la mia decisione fu di andare in una squadra dove potevo giocare e tornare a questo livello: è stata la decisione migliore”. A questo livello. Questo è il massimo a cui possa arrivare? Dite a Muriel di non dirle così grosse. …

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25 anni di Johnny G, tra rimpianti e proposte canore di matrimonio

John Alberto Fernando Andres Luigi Olof Guidetti. Lecito chiedersi quanto sia lungo il codice fiscale, o cosa sia successo nel momento in cui mamma e papà dovevano scegliere il nome: “Chiamiamolo John, no Olof, no Luigi… ma perché non ce li mettiamo tutti?” ed eccoci qua. Per fortuna ha deciso di renderci le cose più …

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