La luce di Roberto Carlos

Le cose funzionano solo quando tutto si trova al proprio posto. E nella scienza, spesso, c’è bisogno di più menti che lavorino allo stesso progetto per ottenere il massimo dei risultati. La lampadina, ad esempio, costruita per la prima volta da Joseph Wilson Swan nel 1878, aveva un filamento in carbonio che creava molta fuliggine e garantiva luminosità per un breve periodo. Un anno dopo, il famoso Thomas Edison, grazie ad un filamento più sottile, riuscì ad allungarne la durata e a risolvere i restanti problemi, ottenendo così il brevetto. La storia dell’approdo in Europa di Roberto Carlos da Silva è per certi versi analoga a quella della lampadina.

L’intuizione la ebbe però lo storico presidente dell’Inter Massimo Moratti che vide in quel ragazzo del Palmeiras, piccolo di statura ma con mezzi tecnici da grande, un giocatore perfetto per la sua Inter. Pagò l’equivalente di 3,5 milioni di euro ai brasiliani e si assicurò così quel ventiduenne dal mancino esplosivo che tanto lo aveva incantato. La prima stagione all’Inter iniziò subito col botto e il terzino brasiliano si impose con grandi prestazioni andando anche a segno nei primi due match. Dalla quinta giornata in poi, però, la sua stagione ebbe una svolta. L’allora allenatore dell’Inter Ottavio Bianchi venne esonerato e al suo posto arrivò Roy Hodgson. Il tecnico inglese rilevò una squadra mal assortita che poteva consolarsi solamente con le esuberanti prestazioni del mancino carioca. Non secondo Sir Hodgson. La collocazione in difesa di Roberto Carlos non lo convinceva a causa della bassa statura di quest’ultimo e, per questo, decise di schierarlo come ala, con scarsi risultati. Al termine della stagione, deludente sia per le prestazioni della squadra che per quelle dei singoli, Roy decise di affermare pubblicamente: “Roberto Carlos è indisciplinato, per quel ruolo preferisco Pistone”. Dilungarsi nel commentare questo paragone sarebbe superfluo, ci si può limitare a definirlo non equo, come quello tra una lampadina e un fiammifero, per l’appunto.

Nel mercato seguente, Fabio Capello in versione Thomas Edison, chiese ed ottenne il brasiliano per illuminare il suo Real Madrid. E da allora fu luce, per almeno 11 anni, sia con la camiseta blanca che con quella verdeoro. Spostandolo qualche metro dietro non solo sparì la fuliggine, ma Roberto Carlos divenne il prototipo di terzino fluidificante perfetto, capace di difendere ed attaccare. E come attaccava. 70 goal in 11 stagioni tra Real Madrid e nazionale brasiliana, peccato poi che i cross pennellati sulla testa dei compagni non si possano contare.

Partiva tutto, o quasi, da quel sinistro alla dinamite che abbiamo ammirato nel suo massimo splendore il 3 Giugno 1997. Una punizione che ha segnato un’epoca di ragazzini che passavano i pomeriggi al parchetto tentando di calciare “con le tre dita” per imitare il numero 6 verdeoro ma che puntualmente si ritrovavano solo con qualche unghia annerita. Di quella generazione fa parte anche Marcelo, l’attuale terzino del Real Madrid che trattiene a stento le lacrime quando Roberto Carlos lo definisce: “il miglior terzino al mondo” e che aveva 9 anni quando il suo idolo calciò quella punizione.

44 anni fa nasceva uno dei terzini più forti della storia del calcio, capace di illuminare, con le sue giocate, gli occhi di chiunque lo vedesse giocare. Tranne quelli di Roy Hodgson.

Buon compleanno Roberto Carlos.

Federico Casna

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