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La scelta di Gigi Riva

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L’amore non è alla portata di tutti. E’ curioso come sia evidente a proposito di svariate altre emozioni o virtù morali. La versione commerciale, consumistica, autopromozionale dell’amore, quella si, è ovunque. Calcisticamente vediamo ogni domenica qualcuno, come fanno certe donne annoiate dal proprio partner, fingere. Magari cantare a squarciagola “…difendo la città…”.

C’è un nome, una leggenda, che viene automaticamente alla memoria quando si parla di amore e pallone: Gigi Riva (non il grandissimo giornalista ed omonimo). Gigi era, nei novanta minuti in campo e nel tempo restante ovunque si trovasse, un coriaceo condensato di grinta, scaltrezza (nel senso più nobile del termine) ed amore. Amore per la maglia del Cagliari, per la città stessa, per l’Italia, per la sua compagna. Lui, lombardo, ci ha mostrato e dimostrato quanto la nostra terra non corrisponda necessariamente a quella annunciata sul certificato di nascita. A nove anni gli è toccato perdere il padre. Morte bianca, come ce ne sono sempre troppe in Italia. Un frammento di metallo staccatosi da chissà dove ha trapassato il signor Riva da parte a parte all’altezza dello stomaco. E pochi anni dopo al piccolo Gigi ha detto addio anche la mamma.

RIVA CALCIATORE – Per i followers del Pallone d’oro (o per qualche ragazzo che, data l’ età, non fosse edotto a riguardo), possiamo dire che Rombo di Tuono ha centrato un secondo posto nel ’69 ed un terzo nel ’70. In nazionale resta il miglior realizzatore in assoluto: 35 gol in 42 presenze. Tre volte capocannoniere di serie A. Nella classifica dei migliori di sempre stilata da World Soccer Riva è al settantaquattresimo posto. Devono avere svolto un incredibile lavoro di scouting per identificare 73 calciatori superiori.

Non ha mai lasciato la Sardegna. Con il suo Cagliari (in totale 315 presenze e 164 gol) è stato campione d’Italia nel 1969/70. E non crediate che le lusinghe dei potenti in quegli anni fossero blande o poco accattivanti; non crediate neppure che a Boniperti mancasse l’insistenza d’uno stalker. Tutti volevano Gigi. Ma lui non voleva altro che ciò che aveva. Era uno di quelli che capisce al volo, Gigi. Duro come la roccia del Gennargentu ma allo stesso tempo supportivo, fraterno, paterno come solo i miti che camminano sono capaci di essere. E quando oggi il centravanti di turno, sistemandosi i capelli acconciati all’ultima moda, si lamenta d’un mancato cartellino a sanzionare il “rude” fallo ricevuto, ricordategli, urlategli delle fratture e delle entrate assassine subìte da Gigi. Il quale, quando proprio non riusciva a trattenersi, faceva di peggio allo stopper avversario nella azione successiva. Invece all’arbitro chissà se Gigi abbia mai rivolto la parola durante un match: per lui quello che accadeva nel rettangolo verde era affare esclusivo dei ventidue più i sostituti.

Non ha mai contato fino a dieci, Rombo di Tuono, prima di dire quello che pensava a chi gli abbia posto domande. E non per avventatezza, ma per onestà, trasparenza, rapidità di pensiero.

Ha provato, appesi gli scarpini al chiodo, a “restituire” a giovani calciatori alcune delle sue doti. In nazionale, dove per anni ha cresciuto ed accresciuto uomini e calciatori convocati dai vari CT passati per Coverciano. Con Balotelli e con Cassano, Gigi ha tentato di infondere ambizioni reali in menti più orientate alla baldoria. Ci ha provato nonostante lo sapesse già: ci sono cose che non si insegnano, neppure si trasmettono.

UN PIEDE SINISTRO DIVINO – “Riva gioca un calcio in poesia, egli è un <<Poeta Realista>>” dice Pier Paolo Pasolini. E se Pasolini è un tuo ammiratore, puoi stare sicuro di essere strabiliante.

Come è evidente riflettendoci un istante, tutto l’amore che Gigi ha regalato gli viene costantemente restituito. Da chiunque. Se poi, parafrasando il signore del mercato Mino Raiola, “su Marte c’è qualcuno che non ama Gigi Riva e io non lo so…”.

In anni in cui i mancini venivano considerati, nella società non sportiva, errori da correggere; quando scrivere con la sinistra era, per la morale cattolica responsabile principale della educazione degli italiani, uno scherzo del diavolo, Gigi non poteva che essere un mancino puro. Per dimostrare anche a loro con il suo piede sinistro che l’amore, quello vero, è universale.

Daniele Tartarone

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