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Calcio in lutto: bandiera della Serie A muore a 68 anni

Il mondo del calcio è in lutto per la morte dell’ex bandiera della Serie A, aveva 68 anni.

Aveva annunciato di essere malato oncologico, a 68 anni è morto Vincenzo D’Amico, ex bandiera della Lazio, con cui ha vinto uno scudetto nel ’74, e storico commentatore sportivo della Rai.

D’Amico era nato a Latina il 5 novembre del 1954. In giovane età era richiesto da moltissime squadra tra cui l’Almas e la Roma, ma lui scelse la Lazio. Sin da piccolo veniva descritto come talentuoso ma irrequieto, soprattutto dal punto di vista dell’alimentazione. Secondo molti Vincenzo D’Amico deve molto della sua fortuna da giocatore a Tommaso Maestrelli, ex allenatore dei biancocelesti.

Le relazioni su di lui, da parte dei collaboratori tecnici di Maestrelli, non erano esaltanti, ma fu lo stesso tecnico biancoceleste ad innamorarsi del talento di D’Amico. Maestrelli, infatti, lo aggregò alla prima squadra nel 1972, annata della promozione in Serie A della Lazio.

Morte D’Amico: la carriera della bandiera biancoceleste

Il debutto arrivò contro il Modena, quando era ancora minorenne. Da quel momento inizia la sua favola con la maglia biancoceleste. Favola che poteva spezzarsi quando a Rieti, sempre nel 1972, cede il ginocchio. All’epoca, un infortunio di questo tipo pregiudicava l’intera carriera e infatti, Vincenzo D’amico è costretto a saltare per intero la stagione successiva. Tornerà nel 1974, quando la Lazio trionfò in Serie A per la prima volta nella sua storia.

VIncenzo D’Amico non ce l’ha fatta: morto a 68 anni uno degli eroi della Lazio (ANSA) – Rompipallone.it

Il debutto in Serie A arriva il 14 ottobre 1974, quando Maestrelli lo fece subentrare a Re Cecconi. Da quel momento, il tecnico biancoceleste tiene ancora più imbrigliato lo spirito irrequieto di D’Amico. Fuori dal campo, infatti, Maestrelli lo costringe a stare senza patente e col conto in banca congelato a suo nome. Un metodo, forse, poco ortodosso, ma Maestrelli era certo del talento del “ragazzino” – così lo chiamavano nello spogliatoio – e per nulla al mondo avrebbe voluto che la sua esuberanza frenasse la scalata verso il successo.

Il primo gol arriva il 27 gennaio dello stesso anno, su assist di Chinaglia. La sua esultanza finì tra le lacrime di gioia e circondato da tutti i compagni. Segnò anche nel match decisivo contro il Foggia che valse lo scudetto. A 19 anni divenne golden boy, ma poi fu costretto a lasciare i colori biancocelesti per problemi finanziari del club. Tornò dopo un anno e contribuì ancora in diverse partite storiche della squadra.

Il suo percorso con la Nazionale Italiana, si esaurisce ben presto a causa di una lite con Enzo Bearzot che non lo faceva giocare. Chiuderà la carriera a Terni, per poi diventare opinionista Rai ed uno dei volti più amati delle trasmissioni sportive della tv. La scorsa primavera aveva annunciato di essere malato da tempo e purtroppo non ce l’ha fatta. A 68 anni, una delle bandiere storiche della Lazio e del nostro calcio ci ha lasciato.

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