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L’arbitro donna: i pregiudizi nel calcio

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“Le donne non sanno nulla di calcio”, la frase più famosa tra gli uomini quando una persona di sesso femminile prova a dire la sua sull’argomento. Ogni volta le donne devono sorbirsi queste affermazioni e stare zitte, pur dimostrando il contrario dentro e fuori dal campo. Vi siete mai chiesti perché la ragazza che avete davanti non debba saperne di calcio come voi o forse anche più di voi?

L’ARBITRAGGIO – Ho ventidue anni e ho sempre amato il calcio, fin da quando mio papà invece di farmi giocare con le bambole mi mostrava le partite in tv. Nel 2010 sono diventata un arbitro dopo aver superato un esame impegnativo, che comprendeva un test atletico e dei test basati sul regolamento, cosa essenziale da sapere per arbitrare al meglio una partita (e anche per commentarla, volendo). Le regole del calcio non sono semplici da imparare, eppure io e le altre, come i miei colleghi uomini, le sappiamo a memoria e le applichiamo ogni weekend nei campi di provincia, cercando di eseguire al meglio il nostro dovere.

GLI OSTACOLI “ROSA” – Ciò che succede però quando una donna arbitro va a dirigere una partita ha dell’incredibile: nel 2016 ancora questo ruolo è guardato con sospetto da tutti i tifosi, tanto che le ragazze devono avere a che fare non solo con gli insulti che vengono riservati a tutti gli arbitri indipendentemente dal sesso, ma anche con quelli riservati solo alle quote rosa.

“Vai a cucinare”, “vai a lavare i piatti”, “vai a fare la ballerina invece di arbitrare” e molte altre frasi si sentono spesso dire soprattutto nei campi di provincia, dove gli spettatori non sono tantissimi e il rumore dei cori non supera quello dei singoli tifosi. Non parliamo poi delle risate e dei commenti dei dirigenti quando vedono arrivare una donna e la accolgono, cosa che però non ci demoralizza e ci fa andare avanti a testa alta: è sempre bello smentire i pregiudizi sul campo e ricevere i complimenti dagli stessi a fine gara.

L’ESEMPIO – L’aneddoto divertente e formativo che riporto è quello di una donna arbitro tedesca, che, dopo essere stata insultata da un giocatore durante una partita di seconda divisione, lo ha espulso e come punizione lo ha costretto con la collaborazione degli organi superiori ad arbitrare una partita femminile con lo scopo di rendersi conto della difficoltà del compito e per avere un’immagine diversa della donna in ambito calcistico.

L’arbitraggio forma il carattere e ci fa crescere nonostante gli ostacoli e i pregiudizi, ed è per questo che sarebbe bello se gli arbitri donna fossero rivalutati e avessero la possibilità di dirigere gare anche nella massima serie italiana: il mio sogno rimane ancora quello di vedere una donna arbitrare il derby di Milano davanti ad un pubblico che non giudica e si gode solamente lo spettacolo.


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