Nemici mai, per chi si è amato come noi: Willkommen zu Hause, Mario!

Ed infine venne il giorno. Chi l’avrebbe mai detto.

Chi non muore si rivede, Mario. È il caso di dirlo, non fa una piega. Sono passati tre anni, tre anni lunghi ed intensi, dal tuo tradimento. Andare al Bayern Monaco, ma stiamo scherzando? Dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme, dopo che qui, a Dortmund, hai avuto fama e gloria. Dai nostri nemici calcistici per eccellenza: noi non perdoniamo, Mario.

Non lo facciamo, perché abbiamo un onore, abbiamo una storia e certi schiaffi non li tolleriamo. O con noi, o contro di noi. È semplice: pochi lo hanno capito, tanti no e infatti, come vedi, non sono più qui. Vedi Robert, per caso? Mats? No, sono andati tutti via e nemmeno a farlo a posta sempre nella stessa direzione. Se siamo troppo piccoli per voi, se non siamo all’altezza del vostro ego, allora meglio così. Eppure qualche soddisfazione ce la siamo tolta, negli anni: dovresti ricordarlo. Due campionati ti dicono niente? Una finale di Champions ti dice qualcosa? E chissà, chissà dove saremmo potuti arrivare se solo non aveste scelto la rivalsa al legame con la nostra maglia, con il nostro tifo, con la nostra gente. Siete andati tutti via, noi siamo rimasti sempre qui. Siete scappati, sul più bello. Non avete avuto coraggio, è questa la verità: non avete saputo osare abbastanza. Perché per noi nulla è facile, niente ci è servito su di un piatto d’argento. Altrove, inutile dirlo.
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Mario, non ti nascondo che noi ti abbiamo odiato e continueremo a farlo, non so fino a quando: non aspettarti applausi o grida ad un tuo gol, non credere che esulteremo con te, per te. Noi siamo fatti così, se perdi una cosa, la devi riconquistare, in un unico modo: sudando la maglia. Però una cosa te la voglio riconoscere: tu sei l’unico, sottolineo l’unico, che a Monaco non si è mai sentito a casa, fin dal primo giorno. Da quando ti sei presentato con la maglia Nike nel tempio storico dell’Adidas. Da quando, in silenzio, andavi in panchina. Da quando, con poca umiltà, non sei stato mai accettato fino in fondo come qui. Perché la verità è una ed una soltanto: tu sei nato e cresciuto qui, sei giallo e nero nelle vene. Questo non l’avrebbe cambiato nessuno, e così è stato. Il tuo, non dico fandonie, non è un ritorno ma un’opera di riconquista. Da qui riparte una riscossa, con noi. Per completare un quadro dipinto, ma solo per metà. Con la tua dieci, perché in fondo non siamo mai stati nemici e, eccetto due volte l’anno, abbiamo fatto un po’ tutti il tifo per te. Riparti, ripartiamo: dal 2013, dal 2014, da quel gol che ha fatto esplodere la Germania tutta. Torna quel che eri, lascia l’ombra che sei diventato. E fallo, con noi. Saranno mesi duri, ma saprai stupirci, ne sono certo. Per ora una sola cosa: Willkommen zu Hause, Mario!

Un tifoso del Borussia. Uno qualunque. 

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