Amadou Diawara, migliorarsi di anno in anno

La leggenda vuole che Conakry, capitale della Guinea, prenda il suo nome da Cona, un vino particolare della tribù dei Baga. Notoriamente più la bevanda di Bacco invecchia più diventa buona, Amadou Diawara no. Il ragazzo è già maturo a solamente 19 anni, andando contro la storia della sua città. Per essere il cervello di una squadra occorre tempo ed esperienza, per esserlo in una squadra di Sarri occorre qualcosa in più.

Diawara sta mettendo in discussione l’operato di Jorginho, le gerarchie della squadra partenopea, riuscendo a giocare titolare nella partita più importante (fin qui) della stagione: Juventus – Napoli.

DA CONAKRY A SAN MARINO

Il suo atteggiamento da “bad boy”, il suo voler sovvertire le regole è un segno. Nato e cresciuto in uno dei paesi più poveri dell’intera Africa, tanto da esser stato considerato come il punto nevralgico della tratta degli schiavi e soprattutto segnato da un susseguirsi di dittature dal 1958 al 2010. La dea bendata gli tende una mano nel 2014, quando lo scout Visani lo nota e lo porta immediatamente con sé in Italia.

Uno spiraglio di luce si apre dinanzi a lui, la possibilità di scappare dalla disperazione e dalla povertà è arrivata. Senza pensarci due volte Amadou parte alla volta di una vita migliore, confidando pienamente nel proprio talento e nei propri mezzi ed approdando nel settore giovanile del San Marino. Qui si fa notare, tra i tanti giocatori che militano nella Lega Pro riesce ad emergere  scendendo in campo solamente 15 volte. Il Bologna non ci pensa due volte e lo acquista per una cifra intorno ai 400mila euro, alzandogli l’ingaggio da 300 euro mensili a 18mila all’anno. Al momento un sogno che si avvera, un anno dopo il casus belli che porterà Diawara lontano dall’Emilia.

LA PRIMA ESPERIENZA IN A

Dal giocare in un oratorio al palcoscenico della Serie A in un solo anno, il guineano continua la sua crescita in modo esponenziale. Per diventare titolare inamovibile e prendersi le chiavi del centrocampo gli bastano 5 partite, da quel momento in poi diventa un punto fermo sia con Delio Rossi sia con Donadoni. Grazie a quest’ultimo riesce a sbocciare veramente, il cambio di mentalità e di gioco si rivelano fondamentali.

Il tecnico, per il ragazzo, diventa un vero e proprio mentore e forse è l’unico che, dopo la telenovela estiva, si è ritrovato con l’amaro in bocca: Diawara è andato verso nuovi lidi e la società ha portato a termine una grande plusvalenza.

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CARATTERISTICHE E “SPECIFICHE TECNICHE”

Il classe ’97 è un vero e proprio tuttofare del centrocampo, un piacere per gli occhi. Le quattro peculiarità, che in realtà lo rendono un giocatore a 360 gradi, sono tecnica, velocità, aggressività e visione. In fase d’impostazione è di una precisione fuori dal comune, le sue linee di passaggio sono di un’accuratezza degna di Piet Mondrian e le probabilità di sbagliare, grazie alla sua velocità di pensiero, diventano quasi minime.

La fase difensiva è il fiore all’occhiello, la capacità di leggere in anticipo le giocate avversarie lo rendono un vero e proprio muro di contenimento e un’arma letale per le ripartenze, a farne le spese l’anno scorso fu proprio il Napoli. Uno dei pochi difetti è rappresentato dal temperamento dentro e fuori dal campo, troppe le ammonizioni raccolte durante la passata stagione (ben 10)  ed è ritenuto poco affidabile e poco attaccato alla maglia, vista la “scappatella” estiva in Guinea pur di farsi vendere dal Bologna.

IL PASSAGGIO IN AZZURRO

Il 26 Agosto è passato al Napoli, senza un minimo di preparazione e con il difficile obiettivo di far ricredere Sarri sull’undici titolare. Dopo tre mesi si può dire che sta portando a termine la sua missione, avendo messo a referto quattro presenze in campionato e due in Champions.

Il suo segreto? Credere sempre in sé stesso e puntare in alto. Chissà, con questo rendimento, dove sarà fra qualche anno…

 

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