Mamadou Coulibaly, il migrante talentuoso che incanta l’Italia

Salut, je suis Coulibaly

«Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perché. I loro desideri hanno le forme delle nuvole».

Mentre Charles Baudelaire componeva questi versi simbolisti su un supporto di fortuna, forse non immaginava l’anno 2017. Epoca strana, in cui i migranti che scappano dalla guerra fanno più paura dei cobra in giacca e cravatta.

Il 2 aprile di quest’anno una storia incredibile avvolge con un alone struggente il calcio italiano: parliamo di Mamadou Coulibaly.

Mentre i tanti opinionisti cervellotici si interrogavano sulla papera di Donnarumma, lui esordiva in Serie A. Senegalese di Thiès, classe 1999, ha conquistano un cuore asettico: quello di Zeman.

Qualche mese fa è arrivato nel Bel Paese per miracolo: viaggia clandestinamente su un barcone pieno all’inverosimile, attraversando il Mediterraneo. Ne esce vivo, ma stordito dall’aventura surreale, e dai qui parte il suo inconsapevole sogno. Si stabilisce a Pescara vivendo di cocenti privazioni, poi il miracolo: un osservatore dei delfini lo pesca dal campetto di periferia, la storia diventa romanzo naturalista.

Il suo stile ricorda fuoriclasse black dal grande curriculum

C’è chi vede nei suoi piedoni d’ebano le trame di passaggio di Touré o Pogba. Altri lo accostano fisicamente e mentalmente al primo Essien (o al Muntari allenato da Allegri). Fatto sta che questo talentino inaspettato dei biancoazzurri si è tirato addosso l’attenzione dei riflettori più penetranti. Vuoi per la bislacca epoca storica, vuoi per la trama biografica da cinema statunitense.

Divertente, poi, la prelibata casualità della domenica trascorsa all’Adriatico: esordisce contro il Milan. Si proprio quel team tifato dal buon Salvini, che da queste novelle rusticane dovrebbe trarne mentale giovamento. Intanto Paratici si è segnato “Coulibaly” sull’agenda bianconera: base di partenza nove milioni di euro.

Mica male. Ma questa vicenda, che affonda le radici nella poesia transalpina e perfora il vasto marciume del razzismo, è il giusto monito per quell’Italia dal cuore marcio.

Mamadou Coulibaly, da oggi, rincorre ancora più forte il suo desiderio. Un top team, la Champions League, il Senegal da riabbracciare come l’ultimo eroe. Ancora una volta, la premiata ditta Sebastiani-Zeman, ha adoperato un naso da tartufo verista. Chapeau, calciofili di mare, uomini veri dalle mille e una scommessa!

Annibale Gagliani

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