Frank De Boer, l’olandese volante che adesso vola davvero…

L’attacco è la miglior difesa. Detto superato, si diceva. Sicuramente fuori luogo, in un campionato dove si vince con la miglior difesa e dove speculano 0-0,1-0,0-1 che sia, per la gioia degli scommettitori. Ma per fortuna, la stessa globalizzazione sportiva che ha drasticamente ridotto il numero degli italiani in Serie A e ha creato danni colossali ai bilanci delle società tricolori, ha consegnato al Belpaese un allenatore un tantino diverso…

Convincere per vincere.

Giocare ( bene) , attaccare, vincere. Tanto semplice quanto maniacale il diktat dell’olandese, che ha fatto del lavoro e del gioco offensivo il suo mantra. Da giocatore idolo dei tifosi dell’Ajax ( con la quale maglia ha vinto 10 trofei nazionali, una Coppa Uefa, una Supercoppa Europea, una Coppa Intercontinentale e,sopratutto, una Champions League) , inizia la sua carriera da allenatore nelle giovanili dei Lancieri nel 2008, anno in cui assume anche il ruolo di vice-allenatore nella nazionale orange, all’ombra della leggenda Van Marwijk (l’uomo che ha portato l’Olanda al secondo posto mondiale, per intendersi).  Questi anni sono fondamentali per la crescita tecnico-tattica di De Boer: personalità, coraggio e possesso palla sono nozioni quotidiane che  Frank impara e rielabora quotidianamente. Il 6 Dicembre 2010 la grande occasione: raccoglie l’eredità del dimissionario Jol e diventa il tecnico della prima squadra dei lancieri. L’esordio,3 giorni dopo,è da brividi: lo scenario è lo Stadio Meazza, l’avversario è il Milan, la colonna sonora è la musichetta della Champions. Ma Frank non ha paura,per lui ( che viene da Hoorn, tranquilla cittadina dell’Olanda settentrionale) la calma e la freddezza sono ovvietà. Batte il Diavolo 2-0 e da lì non si ferma più. Centra il titolo al primo anno ( arrivando anche in finale in Coppa D’Olanda), divenendo il terzo uomo a vincere l’Eredivise da giocatore e da allenatore. La vince con una squadra con un’età media che sfiora i 22 anni, altro record per uno che ha la capacità di stupire nel sangue. Apre un ciclo imponente,che lo porta a vincere 4 titoli di fila, con una squadra che gioca un calcio di pregevole fattura sia tecnica che tattica. In Europa non riesce a ripetersi come in Patria, venendo eliminato per 5 volte di fila ai gironi di Champions e non combinando granché neanche in Europa League. Le ultime 2 stagioni sono opache: in campionato finisce due volte secondo dietro il Psv Eindhoven, arrivando addirittura,nel 2015-2016,a perdere il campionato all’ultima giornata pareggiando contro la penultima in classifica. Ciò porta alla rescissione del contratto con la squadra di Amsterdam, e fa da preludio alla chiamata interista…


de-boerMilano come Amsterdam,Amsterdam come Milano.

Arriva all’ombra della Madonnina tra mille difficoltà, ma Frank, come suo solito non si spaventa. Mancini ha abbandonato la squadra a metà estate, la rosa è incompleta, senza identità e in precampionato ha preso batoste su batoste, ma lui parla di fiducia, di bel gioco e di risultati. Esordisce come peggio non può: perde (male) a Verona contro il Chievo nell’esordio di campionato e pareggia in casa una settimana dopo contro un disastrato Palermo, rischiando anche di perdere.Dopo la pausa per le Nazionali, rischia il tracollo a Pescara, salvato da uno strepitoso Icardi che gli fa vincere la partita nel recupero. In settimana arriva l’esordio in Europa League, dove perde clamorosamente in casa contro gli israeliani dell’Hapoel Be’er Sheva per 2-0. La Domenica arriva la Juventus a San Siro, e il tracollo ( con conseguente esonero) sembra ormai una formalità. Ma De Boer stupisce, ancora.Presenta un’Inter solida, compatta, aggressiva e con la bava alla bocca, ma senza rinnegare il suo credo.I nerazzurri giocano ( bene) , vincono 2-1 la partita e si ripetono tre giorni dopo a Empoli, rialzando la china e risalendo la classifica. De Boer, da quasi ex-allenatore interista, diventa un idolo, cavalcando la pochezza mediatica che spesso accompagna i giudizi pressapochisti degli “esperti ” di settore. Ma Frank non è un brocco e neanche un illuminato, Frank è De Boer,e già questo di per se’ è un bene per il calcio nostrano.Un allenatore intelligente ( capisce e parla italiano dopo poche settimane, mentre alcuni dopo anni continuano a rispondere solo a domande in inglese), che sa capire i momenti di difficoltà e sa cambiare ma senza rinnegare il suo credo. Difensori centrali che giocano, terzini alti, possesso palla continuo e una costante ricerca della profondità, un calcio totale  aggiornato di 40 anni. Non c’è Cruijff, gli anni ’70 sono finiti, ma l’idea di base è quella, la stessa che da anni influenza il calcio olandese in ogni settore, da quello giovanile all’Eredivise,fino alla Nazionale. Marcature preventive( delle quali parla fino alla sfinimento anche in conferenza stampa), pressing e audacia, prendendosi rischi e senza paura di sbagliare, lontani anni luce dal catenaccio all’italiana e senza quella costante ansia legata ai risultati che spesso non lascia lavorare in pace gli allenatori nostrani. Le carte per fare bene, Frank, le ha tutte. Deve imparare in fretta a conoscere la Serie A (che sicuramente non è l’Eredivise) , far integrare velocemente i nuovi (e costosi) acquisti, e lavorare giorno dopo giorno insistendo sul suo credo, magari adattandolo in certi casi al materiale umano a disposizione. Per De Boer la chance è di quelle importanti, necessita di tempo e pazienza, ma sicuri che il calcio italiano,  dall’arrivo dell’olandese, non abbia,almeno in parte, da guadagnare?

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